5 dicembre 2010

Ultimo tango a Parigi

Quand'ero piccolo ho intrattenuto una relazione strana. Nel pieno della mia adolescenza ho ricevuto inaspettatamente una lettera di un'ammiratrice: si chiamava Lucia. Profumava di cose che non si potevano dire, lasciando un universo di fantasie a giocare nella mia mente. Usava la carta da lettere di Snoopy, io l'adoravo. Preso dalla curiosità ho trovato il modo di rispondere alle lusinghe che mi venivano fatte, trovando un modo clandestino per recapitare i miei messaggi alla giovane mittente sconosciuta.
Non ricordo con precisione quanto tempo sia durato lo scambio di lettere, ma ciò che non scorderò mai era la passione sfrenata con la quale aspettavo l'arrivo della missiva successiva. Ogni giorno di ritardo era un incubo, ogni altra lettera che non fosse sua una tortura. La mano tremava mentre scrivevo, e accumulavo brutte copie su brutte copie. Credevo che le poste italiane avessero dovuto lavorare solo per noi due, in nome del sentimento che mi muoveva. Tutto ciò che sapevo di lei era un nome, e un profumo (probabilmente della madre vista l'età) con cui farciva le buste e il contenuto.
Credo d'averci fatto l'amore con quella penna e quei fogli. Avevo impegnato la mia anima ancora prima di sapere nulla dell'altra persona. Qualcuno mi amava, e non poteva esserci nulla di corruttibile in ciò che accadeva.
Ieri ho parlato con un'amica di Ultimo Tango a Parigi. In realtà ciò che avevo in mente era un lungo monologo sul perchè Marlon Brando fosse il più grande attore di tutti i tempi. Ma non le ho detto questo. Lei sosteneva che il film fosse un po' troppo forzato, poco realista, pretenzioso forse. Ho sentito una fitta al cuore, una fitta come quando ho realizzato che non stavo più aspettando le lettere di Lucia. Le ho spiegato di come per me il film non fosse altro che la più incredibile metafora dell'amore, di come esso funzioni basandosi sul presupposto che ci si conosca, quando invece siamo tutti dei perfetti sconosciuti. Ho sottolineato il fatto di come la passione non chieda altro che un nome, per potersi torturare di notte, nell'attesa di poter esplodere nuovamente. Sommesso poi ho dichiarato che sempre, e dico sempre, quando si arriva a sapere troppo sull'altro, la magia finisce, la passione si cerca nuovi adepti, e le illusioni vanno rifondate. Tutto il lavoro è buttato a mare, e ci si ritrova nudi, senza nulla in mano, come alla fine di un sogno. Forse c'era un po' di tristezza nei miei occhi quando ho sentenziato che le uniche due vie d'uscita da questo gioco sono l'incubo dell'abbandono (nel nostro caso la morte del povero Marlon), e la vergogna per esser scappati via (quella di Jeanne - Maria Schneider).
C'è stato un attimo di silenzio prima che la conversazione riprendesse con consuetudine. In quella frazione di secondo ho capito perchè non avevo più risposto a Lucia.
L'estate tra la fine delle medie e l'inizio del liceo m'aveva cambiato profondamente. Al posto delle lettere c'erno baci e voglie diverse, ma soprattutto, avevo scoperto chi era Lucia. Non so quanto tempo ci sia voluto prima che smettesse di guardare la buca delle lettere; prima di rassegnarsi al fatto che non le avrei più scritto. Mi sarebbe solo piaciuto dirle che non era colpa sua. L'amore è una grande illusione, quando i dettagli che si hanno della realtà si discostano troppo dalla nostra illusione non finiamo mai per accettare la realtà, ma solo per cercare la nostra illusione da qualche parte.
Dopo le chiacchiere sul film la mia amica ed io abbiamo finito la birra e siamo usciti a fumare. La guardavo nel suo essere, e sentivo che le mie parole (forse incosciamente) la dovevano aver toccata. Aveva gli occhi spersi almeno quanto i miei. Rideva di disperazione, come qualcuno che darebbe la vita per un po' di quella droga, di quella passione. Anche io avrei voluto avere indietro la mia Lucia. Mentre fumavo la mia mente aveva già iniziato a vacillare nel baratro del vuoto che mi porto dentro. Prima che si spegnessero le luci della ragione ho fatto l'unica cosa che sapevo avrebbe fatto bene a tutti e due: l'ho abbracciata.
"Siamo due solitudini ferocemente a caccia di fuoco" le ho detto.
Poi ognuno ha continuato per la sua strada.

2 commenti:

Mina Vagante ha detto...

Davvero intenso ... incubo dell'abbandono e vergogna dell'esser scappati via ... Ultimo tango a Parigi ... illusione ... solitudine ... abbraccio... Talvolta ci si può toccare ... grazie.

Anonimo ha detto...

Paul: "Perché hai frugato nella mia giacca?"
Jeanne: "Per sapere qualcosa di te"

P.S. Certi abbracci valgono più di qualsiasi parola si possa spendere. Sono certa che la tua amica l'ha apprezzato.