28 ottobre 2010

se non ti piacciono i miei principi.. ne ho degli altri.

Sono depresso. E quando sono depresso prietto un'immagine sfigata di me stesso. Sperare che gli altri vedano di buono dove io stesso fatico a trovarci qualcosa di decente è una proposta indecente. Ma non è questo il problema. La mia miseria in fondo non supera mai quella degli altri.
Comunque sia, depresso o no bisogna cercare almeno di scopare un po', giusto? Bene, metodo dell'ultima settimana è usare due personalità antitetiche. La loro scelta è puramente casuale, il risultato sempre lo stesso:
A. fingo di far parte del "frikky yeah studente odia autorità, mezzo anticonformista ma con scarpe firmate", rispolvero battutine vecchie che fanno ridere solo i decelebrati e mi catturo subito la stima dei subnormali. Offro da bere come se fossi un gentleman da quattro soldi, osservo la scollatura senza ritegno. La società dominante spinge la donna a mettersi in mostra come un oggetto, non disdegna d'essere trattata come tale, anche se poi per fare l'alternativa manifesta per la parità dei sessi. Le conversazioni rasentano argomenti quali Facebook, Schientology, il tempo atmosferico, animali domestici. Dopo poco non resisto. Vado in bagno e mi guardo allo specchio non mi sopporto, mi spunto addosso perchè non ci posso credere di dover scendere così in basso per una scopata e vado via (la maggior parte delle volte senza salutare).
B. interpreto la parte del mezzo intellettualoide per darmi delle arie sfoggiando un paio di citazioni che nemmeno se imparassero a leggere riuscirebbero a capire, poi driblo con due ragionamenti per vedere fino a che punto mi seguono. Uso il mio cinismo per testare il loro senso dell'umore, e la maggior parte delle volte mi trovo a ridere da solo. Vedo il loro sguardo irrigidirsi mentre con sottile ironia chiedo dimostro loro quanto siano imbottite di luoghi comuni. Sono prevedibili, nei discorsi, nei pensieri neglio atteggiamenti. Vivono sotto una cappa cattolico-borghese che le ha privati del senso della vista. Impreco spesso volentieri e mi finisco un pacchetto di sigarette davanti al loro naso. Normalmente succede che dopo una mezz'ora seduti a discutere lei ordina un cocktail vegetariano con vitamine senza polifosfati e una scorzetta di limone. Se non è lei ad andare in bagno per non tornare più, ci vado io. Anche in questo caso non si conclude nulla.
I ritorni a casa a mani vuote hanno sempre e comunque uno sfondo malinconico. Chi devo pagare per poter avere pane per i miei denti, qualcuno con un minimo di personalità, o che per lo meno se non ce l'ha (perchè nessuno ne ha una, al massimo può avere molta fantasia) che sappia giocare un po'.
Mi annoio.

24 ottobre 2010

Vivere o rodere

Per me funziona sempre così: un alternarsi di personalità a rotazione, dalle più duttili alle più ostiche. Morale: se indosso una maschera allegra non scrivo. Se sono fottuto nella mia merda invece non posso smettere.
Sono arrivato alle porte del fine settimana continuando a rimproverarmi: devi fare qualcosa nocturno, devi darti una svegliata. Il mondo va avanti, tu invecchi, e te ne stai come uno spettatore mestruato ad osservare il tutto lamentandoti come un vitello appena sgozzato.
Ho iniziato il mio processo di imbecillimento con una canna, una volta fumavo parecchio, ora solo quando non ne posso più. Maledetta sostanza omologante che rendi tutto piatto ma accettabile. Quando fumi le cose ti rimbalzano addosso, sono come proiettili di gomma e tu sei uno scudo sicuro. Venerdì ridevo ubriaco, domenica ridevo ubriaco, ho pure scopato senza dover inventarmi strategie strane. Tutta una serie di coincidenze fortuite, un po' di fascino collaudato, due sorrisi di più ed è fatta. Fai sentire una persona simpatica e ti darà le chiavi di casa. Dille che è pure intelligente e aprirà le gambe. Ero socievole, brillante, arguto, coinvolgente, un vero treno. Per due giorni non ho pensato alla tristezza, al vuoto, alla solitudine. Mi sono sentito come gli altri.
Questa domenica mattina se non mi rimettevo a scrivere avrei finito col prendermi a pugni. Come dopo il sesso il senso di vacuità è amplificato da ogni gesto senza amore, così una domenica mattina ti scaraventa nella miseria della tua esistenza ad ogni flash che riemerge dai fumi e dall'alcool.
Mi sono fatto due docce da quando mi sono svegliato, ma non so pulire l'anima. Mi sento peggio di prima, solo. Rivedo tutti gli sforzi che ho fatto per sentirmi come gli altri, to fit in, e ora proprio quegli sforzi mi si rivoltano contro dilaniandomi le carni. Sono nato diverso, anche se mi sforzo, non ce la farò mai ad essere come gli altri. Mai tradire se stessi dice la mia descrizione. L'ho fatto e ora chissà quanto dureranno le conseguenze.

14 ottobre 2010

eliocentrismo

Oggi ho vomitato il mio odio verso il mondo sull'orecchio di D, che prontamente mi ha ricordato che non bisogna mai mettersi a parlare con la gente che crede ancora che la terra sia piatta e al centro dell'universo. Cazzo. Eppure ogni volta la mia falsa speranza nell'umanità mi spinge ad uscire di casa. E poi ogni volta me ne torno a casa o con un corpo senza cervello da scopare, oppure (il che è pure peggio) sentendomi una pecora verde.
"Sei troppo negativo" mi dice ogni tipa X.
"Non sono negativo, sono realista" rispondo automaticamente.
"No guarda, ti spiego io.."
E iniziano sempre il loro discorso da crocerossine con la missione di spargere amore in giro per il mondo. Da li passano a spiegarti come ci sia un piano per ognuno di noi, che tutto si sistema, che esiste per tutti l'anima gemella e troiate del genere. Mai che siano riusciti a spiegarmi come accettare l'esistenza, o ancor peggio se stessi. Camaron de la Isla diceva "non so chi sono, ne lo pretendo*"
"Si ma devi imparare a conoscere te stesso, devi trovare il tuo equilibrio"
Ogni volta ci provano, subdolamente, facendo perno sulle mie paure, sui miei dubbi, incertezze, sul mio dolore. Troppe volte ho pensato, cazzo quanto mi piacerebbe avere un'esistenza semplice (e grama) come la vostra. Come mi piacerebbe che il mio cervello si fermasse per un po', facesse una vacanza, e tornasse per la vecchiaia.
Poi inizio ad incuriosirmi, a domandare, a scavare. E che ti trovo? Luoghi comuni, dogmi, verità di altri, e chi più può più ne metta.
"Ma sei religiosa?**"
"Non credo nella chiesa, ma so, sento che c'è qualcosa di più grande che ci guida"
Fottuta provvidenza divina. Eccola li che arrivi sempre a spiegare tutto. E dunque noi siamo qui, messi su questo parcogiochi per Dei crudeli che scommettono sulle nostre vite come se fossimo dei polli da combattimento. Sento il cuore che mi si crepa, mi accendo la stramillesima sigaretta (nella speranza che questo delirio di vita finisca presto), e inizio ad incazzarmi. Povera mia interlocutrice, costretta a subirti lo sfogo di una rabbia contro l'umanità intera, contro la sua presunzione, miopia e arroganza. Umiltà signori miei. Umiltà. Qui si sopravvive nel silenzio camminando sulle uova. Eccome se ne rompono, ma Dio non ha una ramazza, e il suo mestiere non è quello di spazzino. Al massimo potrebbe ambire a diventare un personaggio dei fumetti, ma in quanto a popolarità verrebbe comunque battuto da Topolino.
"vedrai che tutto andrà bene"
Vorrei vivere cent'anni solo per aspettarti sul letto del fiume e vederti improrare perdono per aver avuto la testa piena di merda. Un televisore mai connesso alla corrente. Un organo celebrale completamente nuovo, che aspetta solo un trapianto nel corpo di qualcuno grato con la capacità di usarlo.
Domani mattina mi sveglierò, e la speranza sarà di nuovo li sul comodino ad aspettarmi, sennò col cazzo che smonto dal letto.
Datemi una sigaretta!


*Titolo canzone: Volando voy. Frase originale: "Yo no se quien soy, ni lo pretendiera"
**il prossimo post sarà sulla religione.

11 ottobre 2010

corso di scrittura

Cosa si deve fare per scopare. Uno le prova tutte, e alla fine finisce pure ad un corso di scrittura. Non avrei mai creduto di rivedermi scolaro. Seduto in un anonimato in mezzo ad una ventina di persone. L'unico motivo per cui a metà del corso non mi alzo è Cristina, seduta poco più sulla mia destra. Sono state quattro le occhiate che ci siamo scambiati, e tutte quell'attimo più a lungo del necessario. Il tutto immerso tra le parole di un professore saccente, che più che voler insegnare cercava una platea per autocompiacersi.
Me ne sono stato in silenzio per quasi tutto il tempo. Osservavo, pensavo, e un poco alla volta morivo. L'esercizio della serata era: dato un incipit, svolgere la trama in poche righe. Cosa si riesce ad inventare la gente è davvero sorprendente. C'è stata una parola tra tutte quelle lette dai compagni che mi ha fulminato più di tutte: malva. Mi chiedo come in un lavoro di fantasia in cui il tempo d'esecuzione è di circa 5 minuti, ti possa venire in mente il color malva. Che c'è? non sai tenere a freno il tuo egocentrismo e cerchi di pubblicizzarlo dandone foggia alla prima occasione? Malva. Mi ha suscitato una nausea improvvisa. Ho dovuto concentrarmi più del necessario su come potesse essere Cristina da nuda per non soccombere all'idea di alzarmi e andarmene. Sarebbe stata un'uscita in grande stile. Senza una parola. Semplicemente alzarsi e andarsene.
Il professore come un direttore d'oechestra incalzava tutti di complimenti sciatti e vuoti come scatole di cartone. Se qui tutti sono bravi allora sei tu ad essere un coglione no? Che cazzo insegni a fare? Ma forse non verrebbe più pagato se dopo la seconda lezione si alzasse e dicesse: "Signori miei, qui solo tre persone hanno qualcosa da imparare qui, tutti gli altri a pulire i cessi per favore".
Un'altra cosa mi ha stupito più di tutto: la falsità. Non capisco il nesso indissolubile tra fantasia e lieto fine. Perchè cazzo se pensi ad una storia sei ottimista, e quando invece ti svegli alle 7 del mattino per andare al tuo cazzo di lavoro no? Forse il segreto sta nella tonalità cromatica del malva.
Malva.
Ma va...

10 ottobre 2010

Fottuti sabato domenica.

C'è poco da fare, uno per cinque giorni la settimana si sveglia in una città diversa dagli altri due restanti. Durante la settimana vedi zombie che se ne vanno in giro innocui, vanno a lavorare, hanno i coglioni girati ma almeno cercano di non romperli a te, che sei un perfetto nessuno. Ognuno trascina in giro per la città la sua miseria, lo fa quasi dignitosamente, ma ti guardano con un'aria un po' complice, come di chi sa che tra il tuo e il loro lavoro non c'è differenza: sono comunque lavori di merda.
Per questo mi riesce facile passeggiare per le strade durante la settimana, se me ne sto con i miei pensieri, la mia solitudine, non impatto contro nessun perbenismo. Siamo anime che girano senza meta per una città sconsolata.
Ma nel fine settimana.. nel fine settimana avviene la mutazione. La campagna decide di andare in città a dare sfoggio del proprio italiano stentato, ma rigorosamente marcato Gucci. La signora di cinquant'anni preferisce fingere d'averne venti (ma inganna davvero qualcuno, o solo se stessa?). Le ragazzine di sedicianni sfilano con le loro tette al vento esasperando una femminilità acerba, innaturale, che seppur porta i suoi frutti lo fa solo nei confronti di macellai. Carne signori, carne fresca, disossata, decelebrata, inflazionata. I ragazzi fumano sigarette con poca arte e troppa foga, una dietro l'altra, non per nervosismo, ma per scena. Poi ci sono i vecchi giudicanti, i punk troppo punk fuori e poco dentro. Quelli che si fermano a parlare in piedi con la 24 ore sotto mano anche se stanno parlando di calcio, ma l'immagine si sa. Tra i tavoli si vocifera di vacanze (fatte o da fare). Quanto bello è quel film (dei F.lli Vanzina), quanto interessante quel libro (Stieg Larson), bella quella mostra sui Macchiaioli (che non sono allevatori di dalmata). É finzione, una farsa mascherata, è la sagra del kitch, del retrò, una passerella per anime perse che mostrano con fin troppa evidenza la propria mediocrità, nell'attesa che qualcuno si faccia avanti. Vestiti uguali, discorsi uguali, scarpe uguali, modi di dire, di fare, Facebook, Twitter, Myspace, sguardi clericali, false indignazioni. Giudizi, mormorii, pettegolezzi, tradimenti, sotterfugi e tutto, tutto alla luce del sole. Come dice Caparezza in questo bagno di folla non c'è bagnino. Io affogo, mi esilio in casa, e attendo che tutti riprendano contatto con la realtà. Ma dovrò aspettare fino a lunedì.

8 ottobre 2010

Vuoto

Ho 29 anni. I prossimi peseranno e sanciranno l'inizio del declino minore. Quello maggiore è iniziato con il mio primo respiro. Sono stato innamorato di una bugiarda con il fuoco dentro. Il dolore che mi ha causato ha distrutto la più grande delle illusioni della mia vita: l'amore perfetto. Ora non sento più nulla. Vuoto che si ripercuote nel mio presente e nel mio futuro.
Passo intere giornate senza fare nulla. Mi aggrappo a tutto ciò che mi capita sotto mano. Senza scegliere. Mi sorbisco ore di noia in compagnia di chiunque capiti a tiro. Meglio se il sopportare ha uno sfondo sessuale. Almeno non è lavoro sprecato. Come ho detto non sento nulla. Scopare in questo momento è quasi una funzione maccanica. Qualcosa che il mio corpo vuole fare e io non impedisco. Continuo a chiedermi se sia una reazione per annullare il dolore provato. Diventare freddo per smettere di soffrire. Ciò che temo più di tutto, anche più della morte è l'apatia. Lei mi chiama. Dice di essere pentita d'avermi tradito e mentito innumerevoli volte. Sono io ciò che vuole. Dopo aver creduto fino a sanguinare che tutto ciò potesse rendermi qualcuno. X qui, X li. La più sensuale delle ossesioni che abbia mai avuto. Ascolto le sue parole e sento il vuoto. Non un brivido, non una lusinga, nè odio, nè rabbia. Solo una continua domanda: cos'è diventato il mio cuore?
Tra una scopata e l'altra negli ultimi tempi sto uscendo con una ventenne. Un piacevolissimo vizio. La sua fragranza unita al pulito che ha negli occhi la rendono inebriante. Ma seppur l'abbia già baciata in una serata di qualche tempo fa, non c'esco per concludere nulla. Lei è innamorata di un altro. Non potrei permettere ad una cosa così graziosa di starmi accanto per cancellare qualcun'altro. Ho bisogno di sentirmi desiderato, il migliore, l'Humprey Bogart della situazione. Fumare fumo e lo spolverino bianco lo recupero. Per cui sono lunghe chiacchierate in cui io passo troppo tempo a fare il saccente e ad odiarmi mentre lei sembra sempre da un'altra parte. Intuisco un qualche interesse verso di me, dai gesti, e gli spazi ravvicinati. Però non sono io quello su un milione. Per cui temporeggio. Temporeggiare è necessario quando nemmeno tu sei sicuro di sentire veramete qualcosa. Diciamocelo una lolita di vent'anni saprebbe occupare i sogni di molte persone. Specie con quegl'occhi. Magari è tutto li. Pura attrazione fisica. E invece no, perchè c'è pure qualcosa, c'è un'intesa strana, immatura, complice. Eppure due cose rendono tutto poco perfetto: il fatto che sento che sembra tutto un po' forzato, e il secondo che perduro nella mia apatia.
Della mia vita professionale si sappia solo che come Cioran ho cercato di studiare il più a lungo possibile per evitare di dover lavorare. E seppure veda la fine del travagliato tunnel fancazzista studentesco (un orrore con abbagli di alcolismo) non riesco a muovere un passo verso la mia indipendenza. Non ho paura di lavorare. Ho paura di non riuscire a percepire qualsiasi lavoro come una schiavitù. E il vuoto si amplifica. Ovunque il nulla.
Mi sento la reincarnazione dell'uomo senza qualità. Sento che mi sto corrompendo dal di dentro, mi osservo, e non sono in grado di dirmi nulla. Tutto è uguale, tutto è vuoto, e io mi posso nemmeno sentirmi morire troppo spesso. Perchè sennò significherebbe sentire qualcosa.
Ovunque il vuoto.

6 ottobre 2010

Cercasi anima nel vomito.

Mi sento apatico. Ho amato così tanto la più grossa stronza che avessi la possibilità di incontrare. E poi il dolore ha annullato tutto. Mi sento perennemente immerso in uno strato denso di apatia. Tutto d'un tratto è il vuoto totale.
"Andiamo all'Oktoberfest" mi ha chiesto un amico.
Sarei andato anche all'inferno pur di non starmi addosso. E in un certo senso è stato un po' la stessa cosa.
Mai avrei creduto di potermi svegliare alle 8 di mattina con il solo scopo di ubriacarmi di birra senza alcun ritegno. In realtà forse è meglio quello che svegliarsi alla stessa ora per andare a sedermi davanti ad un fottuto computer per metà della mia vita. E poi volevo crederci, volevo essere come gli altri, semplice, e felice tra tette in vista e birra da litro.
Il primo litro l'ho praticamente lisciato, il secondo sorseggiato. Dal terzo in poi è stato un massacro. La sbornia mi è salita come un pugno dell'orgoglio, e dopo aver finto per quasi tre ore che fosse la giornata più gloriosa di una miserabile vita, mi sono scontrato d'un botto con la constatazione che in realtà era una miserabile giornata di una miserabile vita.
Il fitto nucleo di tavoli, birre e tette si è eclissato. Sotto di me era rimasto il vuoto, e la mia incapacità alcolica di gestirlo. Ho perso il sorriso collaudato, la sicurezza e persino il contatto con la realtà. Non so cosa sia successo nell'ora di vagabondaggio selvaggio. So solo che un'ora più tardi avevo lasciato gli amici, e me ne stavo con Guiaio (il mio cane) steso sul pavimento di una cabina telefonica con gli occhi rossi di lascrime e il cuore che a stenti sopportava il senso di solitudine che mi mordeva.
Ho chiamato D. Non mi manacava, però era l'unica persona che conoscessi a sapere cosa siano le vertigini dell'esistenza. Se non avesse risposto sarei morto dentro quella cabina. Guaio avrebbe voluto leccarmi le lacrime, ma era troppo spaurito per alzare anche solo la coda.
"Salvami" ho chiesto con la disperazione di un condannato a morte.
"Come?"
I singhiozzi da bambino non lasciavano intendere chiaro. Non mi importava che capisse, in realtà sapeva già tutto. L'unica cosa che riuscivo a pensare era che finchè fosse stata al telefono con me non sarei morto. Il credito presto è finito. Credo di essere ancora seduto sul pavimento dall'odore di piscio di quella cabina di merda.
Guardo fuori, e vedo una ragazza con vestito tirolese passare abbracciata a due ragazzi, aveva il seno in vetrina e sembrava che ci fossero stati gli sconti. In una mano reggeva una birra. Al solo vederla ho vomitato tutto l'odio, la rabbia e la stanchezza che avevo addoso. Tra le varie cose mi deve essere uscita anche l'anima.

1 ottobre 2010

Saracinesche abbassate

Sono quattro sere che mi ubriaco a morte. Non riesco ad affrontare la fine del giorno, e nonostante questo continuo a svegliarmi tardi la mattina. É un circolo vizioso. Ma sta sera è stato interrotto.
Io e Guaio (il mio cane) siamo andati zingari per la città. Cercavo solo una birra, e magari due chiacchiere. La malinconia arriva senza portare ragioni. Ti si siede accanto e ti tiene compagnia.
I rumori per la strada erano ovattati, vuoti, lontani. Accadeva sempre qualcosa, ma un po' più in la di dov'ero io. Continuavo a pensare a come uscire dall'impasse che mi ha inghiottito. Questa apatia e rifiuto per il mio passato e paura per il mio futuro.
Camminavo, Guaio nel silenzio mi veniva dietro. Quando ho iniziato a lanciargli la pallina lungo le vie del centro, tutto ha iniziato a sembrarmi labirintico. Mi stavo perdendo nell'intestino della città. Ho pensato che urlare potesse aiutarmi. Non l'ho fatto. Ho continuato a camminare.
Dopo la quarta sigaretta avevo bisogno di una birra, o qualcosa che mi addolcisse la gola secca, e il morale. Ogni saracinesca abbassata era una mazzata sullo stomaco. Non era nemmeno l'una di notte e già si respirava odore di coprifuoco. Le anime vagabonde non possono godere della notte in questa cazzo di società. Tutti devono andare a letto presto, bisogna produrre. Formiche operaie. I vecchi osservano dalle serrande oscurate nelle notti d'insonnia. Ma non vogliono schiamazzi. I nipoti dormono. Si deve sempre sottostare al ritmo del più lento.
Mi faccio venire in mente un posto aperto, cercandolo con ansia dietro un angolo. Chiuso. La saracinesca parla da sola. È tutto nel futuro (o nel passato), il presente è perennemente una merda. Poi un barlume di speranza: un vecchio arabo mi chiede una sigaretta. Vecchio mio ti darei anche un abbraccio se potesse servire a liberarmi di questo freddo. Gliela porgo, e chiedo di poter comperare una delle sue birre. Gli porgo un euro, e con un sorriso di speranza inizio a sentire cosa aveva da dire. La speranza è solo un'illusione. Non faccio nemmeno a tempo a godermi la prima boccata di sigaretta che quello inizia a sputacchiarmi in faccia parole senza senso. Da ubriaco. Vuole che vada a trovarlo in Marocco. Ha gli occhi da bambino perduto. Sta peggio di me. Non so perchè a volte assumo quest'aria da crocerossino, dispensando attenzioni ai bisognosi. Forse vorrei solo che per una volta qualcuno si prendesse cura di me. Quando scopro che la birra è calda capisco che la farsa deve finire. Lo saluto con la promessa di vederlo a Rabbat. Come e quando non si sa. Ma la speranza..
Torno a casa pensando alla mia ex. Sta cercando di tornare con me dopo avermi miseramente tradito e mentito. Provo affetto per lei, una tenerezza senza pari. Non posso sopportare che soffra. Ma mi convinco che non l'amo più, o almeno non nel senso convenzionale del termine. Dimenticare è una strada più lunga del perdonare. Guaio mi guarda senza dire nulla. Ovviamente.
Prima di lavarmi i denti mi masturbo senza quasi voglia. Mi volevo far bastare la fuggevolezza di un orgasmo. Un secondo di non inferno in quest'inferno. Dopo esser venuto penso che se avessi avuto una donna nuda al mio fianco avrei voluto che se ne andasse il prima possibile. Nemmeno l'amore mi lascia speranza. Solo soli siamo liberi. Anche se pure la libertà è un'illusione.