10 ottobre 2010

Fottuti sabato domenica.

C'è poco da fare, uno per cinque giorni la settimana si sveglia in una città diversa dagli altri due restanti. Durante la settimana vedi zombie che se ne vanno in giro innocui, vanno a lavorare, hanno i coglioni girati ma almeno cercano di non romperli a te, che sei un perfetto nessuno. Ognuno trascina in giro per la città la sua miseria, lo fa quasi dignitosamente, ma ti guardano con un'aria un po' complice, come di chi sa che tra il tuo e il loro lavoro non c'è differenza: sono comunque lavori di merda.
Per questo mi riesce facile passeggiare per le strade durante la settimana, se me ne sto con i miei pensieri, la mia solitudine, non impatto contro nessun perbenismo. Siamo anime che girano senza meta per una città sconsolata.
Ma nel fine settimana.. nel fine settimana avviene la mutazione. La campagna decide di andare in città a dare sfoggio del proprio italiano stentato, ma rigorosamente marcato Gucci. La signora di cinquant'anni preferisce fingere d'averne venti (ma inganna davvero qualcuno, o solo se stessa?). Le ragazzine di sedicianni sfilano con le loro tette al vento esasperando una femminilità acerba, innaturale, che seppur porta i suoi frutti lo fa solo nei confronti di macellai. Carne signori, carne fresca, disossata, decelebrata, inflazionata. I ragazzi fumano sigarette con poca arte e troppa foga, una dietro l'altra, non per nervosismo, ma per scena. Poi ci sono i vecchi giudicanti, i punk troppo punk fuori e poco dentro. Quelli che si fermano a parlare in piedi con la 24 ore sotto mano anche se stanno parlando di calcio, ma l'immagine si sa. Tra i tavoli si vocifera di vacanze (fatte o da fare). Quanto bello è quel film (dei F.lli Vanzina), quanto interessante quel libro (Stieg Larson), bella quella mostra sui Macchiaioli (che non sono allevatori di dalmata). É finzione, una farsa mascherata, è la sagra del kitch, del retrò, una passerella per anime perse che mostrano con fin troppa evidenza la propria mediocrità, nell'attesa che qualcuno si faccia avanti. Vestiti uguali, discorsi uguali, scarpe uguali, modi di dire, di fare, Facebook, Twitter, Myspace, sguardi clericali, false indignazioni. Giudizi, mormorii, pettegolezzi, tradimenti, sotterfugi e tutto, tutto alla luce del sole. Come dice Caparezza in questo bagno di folla non c'è bagnino. Io affogo, mi esilio in casa, e attendo che tutti riprendano contatto con la realtà. Ma dovrò aspettare fino a lunedì.

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