6 ottobre 2010

Cercasi anima nel vomito.

Mi sento apatico. Ho amato così tanto la più grossa stronza che avessi la possibilità di incontrare. E poi il dolore ha annullato tutto. Mi sento perennemente immerso in uno strato denso di apatia. Tutto d'un tratto è il vuoto totale.
"Andiamo all'Oktoberfest" mi ha chiesto un amico.
Sarei andato anche all'inferno pur di non starmi addosso. E in un certo senso è stato un po' la stessa cosa.
Mai avrei creduto di potermi svegliare alle 8 di mattina con il solo scopo di ubriacarmi di birra senza alcun ritegno. In realtà forse è meglio quello che svegliarsi alla stessa ora per andare a sedermi davanti ad un fottuto computer per metà della mia vita. E poi volevo crederci, volevo essere come gli altri, semplice, e felice tra tette in vista e birra da litro.
Il primo litro l'ho praticamente lisciato, il secondo sorseggiato. Dal terzo in poi è stato un massacro. La sbornia mi è salita come un pugno dell'orgoglio, e dopo aver finto per quasi tre ore che fosse la giornata più gloriosa di una miserabile vita, mi sono scontrato d'un botto con la constatazione che in realtà era una miserabile giornata di una miserabile vita.
Il fitto nucleo di tavoli, birre e tette si è eclissato. Sotto di me era rimasto il vuoto, e la mia incapacità alcolica di gestirlo. Ho perso il sorriso collaudato, la sicurezza e persino il contatto con la realtà. Non so cosa sia successo nell'ora di vagabondaggio selvaggio. So solo che un'ora più tardi avevo lasciato gli amici, e me ne stavo con Guiaio (il mio cane) steso sul pavimento di una cabina telefonica con gli occhi rossi di lascrime e il cuore che a stenti sopportava il senso di solitudine che mi mordeva.
Ho chiamato D. Non mi manacava, però era l'unica persona che conoscessi a sapere cosa siano le vertigini dell'esistenza. Se non avesse risposto sarei morto dentro quella cabina. Guaio avrebbe voluto leccarmi le lacrime, ma era troppo spaurito per alzare anche solo la coda.
"Salvami" ho chiesto con la disperazione di un condannato a morte.
"Come?"
I singhiozzi da bambino non lasciavano intendere chiaro. Non mi importava che capisse, in realtà sapeva già tutto. L'unica cosa che riuscivo a pensare era che finchè fosse stata al telefono con me non sarei morto. Il credito presto è finito. Credo di essere ancora seduto sul pavimento dall'odore di piscio di quella cabina di merda.
Guardo fuori, e vedo una ragazza con vestito tirolese passare abbracciata a due ragazzi, aveva il seno in vetrina e sembrava che ci fossero stati gli sconti. In una mano reggeva una birra. Al solo vederla ho vomitato tutto l'odio, la rabbia e la stanchezza che avevo addoso. Tra le varie cose mi deve essere uscita anche l'anima.

1 commento:

Anonimo ha detto...

magari fosse possibile vomitare l'anima. finirebbero il tormento, la disperazione e la rabbia e potremmo essere davvero come tutti gli altri.