18 novembre 2010

squallore.

E così il pugno sembrerebbe che sia servito a qualcosa. Il telefono suona, è Claudia, dice che vuole venire a trovarmi. Stavo seduto sul divano leggendo e fumando sigarette come se fosse proibito.
"Perchè no?" rispondo aggrappandomi all'inaspetatezza come l'altra sera ai suoi occhi. Tutto purchè qualcuno mi salvi da me stesso.
"Prendo il treno e arrivo da te dopo cena".
"Ti aspetto" e riaggancio.
La prima cosa sensata a cui penso è di richiamarla, vorrei dirle che c'è stato un malinteso, che non so bene come poter fare ad affrontare una sconosciuta. Il problema di dare appuntamento a qualcuno a casa propria è che non puoi scappare. Ti sono entrati nella gabbia.
Iniziano a sudarmi le mani e in testa continuo a pensare che quasi sicuramente Claudia ha messo in preventivo di fermarsi a dormire da me. Treni dopo cena ce ne sono pochi, e bastano poche chiacchiere per perderli tutti e dover aspettare mattina.
Mi muovo senza saper che fare, se dover riordinare, pulire, lavarmi o che. Mi accendo una sigaretta e aspetto passivamente cercando di nascondere a me stesso una certa eccitazione che si fa avanti nei pantaloni. Una sconosciuta a casa mia. In fondo Claudia per me non era altro che due occhi e un numero di telefono che forse non avrei usato mai.
"E fatti sta cazzo di scopata" mi impone il mio sesso dal basso.
Sento l'irrimediabile avvicinarsi e cerco in tutti i modi di prenderlo con filosofia. In fondo se mi aveva colpito, se mi ci ero riconosciuto.. magari può solo venire a curare le mie ferite.
Un messaggio mi chiede di andarle in contro. Scendo al volo, Guaio (il cane) mi guarda perplesso. Me la trovo davanti all'improvviso con un sorriso disperato. Questa sta peggio di me penso, e un po' mi consolo. Annulliamo la distanza tra noi, mi bacia.
"L'ho fatto subito per togliere l'ansia di doverlo fare dopo" dice con imbarazzo.
Mentre passeggiamo verso casa noto che la sua andatura è notevolmente ostacolata da dei tacchi da trampoliere. Camminava come una bambina che gioca a fare la femme fatale. La osservo con la coda dell'occhio e percepisco dal suo sguardo e dal modo in cui è vestita che deve aver avuto una paura fottuta di non essere all'altezza, e per questo ha preferito abbigliarsi alla "puttanesca". Meglio mostrare che qualcosa di buono c'è (di fuori) anche se dentro sta morendo. Mi suscita tenerezza, smarrimento e rallentando il passo l'accompagno a casa mia.
L'imbarazzo di entrambi si taglia col coltello e io mi convinco sempre di più che non ho nulla da dirle in realtà. Ma ormai ci sono dentro, dentro fino al collo.
"Raccontami qualcosa" mi chiede ogni volta che ho finito di raccontarle qualcosa.
"Non ho più palle da inventarmi" rispondo dispiaciuto.
"Allora stiamo un po' in silenzio, mettiamo su un po' di musica".
Credo sia stato il nervosimo o l'eccessivo silenzio tra di noi che ci ha fatto finire a letto assieme, nudi, a scopare come corpi inermi. Ad ogni bacio finto sentivo l'anima spirarmi di dentro. Ad ogni suo sospiro di troppo un brivido d'imbarazzo mi correva lungo la schiena. Dopo quel poco piacere che siamo riusciti a procurarci mi sono assorto in un abbraccio compassionevole. Continuavo a pensare che anche lei stesse provando la stessa cosa, ma probabilmente aveva più bisogno di quello che del nulla che si portava appresso. Di li a poco è riuscita a prendere sonno, io sono andato a finire il pacchetto di sigarette, ho messo la sveglia alle 8 di mattina e le ho scritto su un foglio che ero uscito per lavorare, che poteva fare quello che voleva, poi bastava chiudere la porta.
Mi sono disteso con una sconosciuta nel letto, e la solitudine che ne stava germogliando mi toglieva il respiro.
Non so cosa sia successo, perchè non sia stato in grado di gestire meglio la situazione, almeno farla sentire a suo agio. Non sono un crocerossino, o meglio, non lo sono più. L'ho osservata mentre dormiva, sembrava fare bei sogni. Io non riuscivo a lavarmi lo squallore di dosso. Come quando usi un deodorante Axe. Avete presente?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

non c'è niente di peggio che aggiungere disperazione alla propria disperazione, specie se si tratta di una disperazione più grande della propria.

rosesandcherubim ha detto...

scrivendo: "la solitudine che ne stava germogliando mi toglieva il respiro" rendi perfettamente l'idea dello stare con qualcuno - per un'ora, per una notte o per un anno - sentendosi ancora più soli.
è che a volte si avrebbe voglia di aggrapparsi a qualsiasi cosa per tentare di salvarsi, e invece si perde in partenza.