5 aprile 2011

lo spettacolo non mi ineteressa.

C'era ansia in casa prima del tuo arrivo. La presenza di Brixen non riusciva ad alleviare la tortura dell'attesa. Le poche chiacchiere di circostanza erano ripetutamente interrotte dai miei voli pindarici che dirottavano ogni argomento verso qualcos'altro prima che fosse irrimediabilmente tardi. Qualche sigaretta, qualche preparativo per la cena a seguire. Tre ragazze, un amico, io e l'ossessione del momento: tu.
Poi sei arrivata con un corteo di comari, ombre della tua luce. E la cena è iniziata tra qualche chiacchiera e una forte carenza di confidenza.
Come un trampoliere mi son reso funambolo sui discorsi e i silenzi per tenere salda quell'atmosfera che avrebbe voluto essere tua schiava. Ho sperperato, dissipato, consumato me stesso in inutilità il cui unico fine era il venerarti. Ogni parola, ogni gesto ogni pensiero che sudava dalla mia fronte era in realtà rivolto a te. Tu osservavi il cellulare, assente da ciò che accadeva, ma soprattutto distante da me. Ogni volta che nell'osservarti non notavo l'ossessività con cui lo facevo io era uno schiaffo, una scheggia nel cuore che lentamente mi fiaccava.
Che classe d'uomo mondano sono, così disinibito e distinto nel conversare amabilmente. La stessa disinvoltura d'un pagliaccio che per ridere ha bisogno di tatuarsi in faccia un sorriso. La musica continuava a sembrarmi tutto il tempo o troppo bassa o troppo alta. I tuoi occhi, sole del mattino, illuminavano solo l'equatore, ed io mi sentivo il polo in ombra durante il semestre di buio. Ma qui gela tutto, ghiaccia sotto il peso della tua indifferenza.
Tutto è stato rapido e asettico, come una cena d'affari. La cordialità così finta e sforzata m'ha fiaccato oltre modo, quasi a pensare d'averti abbandonata nel lato oscuro della tua luna nera. La mia ironia t'offendeva nel porci l'uno di fronte all'altro. Ciò che volevo era renderti mia complice, volare oltre le apparenze, le aspettative, trionfare nel proibito perché si può solo regnare all'inferno visto che nel paradiso il posto d'onore è già occupato.
Il momento dei saluti l'ho creato d'improvviso, nella speranza di scorgere un po' di sgomento nel tuo sguardo, ma nemmeno il distacco sembra toccarti più. Odio vederti con altra gente, odio che le tue attenzioni siano all'altro capo d'una linea telefonica, odio sapere che possa esistere qualcos'altro che non sia io, per te. È per questo che me ne andrò.

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