23 marzo 2011

L'appiglio

Lo so, ho un problema con la caducità delle cose. Così invento illusioni per galleggiare sulla realtà. Come dice una saggia amica, sono trappole, di cui si diviene vittima non appena le si crea. Lotto all'ultimo sangue per non guardare, per non vedere il baratro che si cela dietro alla vita. Siamo cibo per vermi, e non posso sopportarlo.
Mi aggiro alieno per le strade illuminate dalla primavera e sento la vertigine dell'esistenza ad ogni passo. Ogni sguardo che mi tocca lo assorbo nel buco nero che mi porto dietro, e ciò che posso restituire è così poco che quasi me ne vergogno. Per le strade le vetrine sono tappezzate di bandiere italiane. L'ipocrisia del nazionalismo mi insulta da tutti i lati. 150 anni di vergogne dovrebbero passare in sordina. Non mi sento italiano, non mi sento credente, non mi sento pensatore, non mi interessa lo sport, non trovo piacere nelle discussioni che sempre più spesso porto avanti più come un dovere che come qualsiasi altra cosa possano essere.
E così ti cerco, ti cerco in ogni mio pensiero, ricordo, speranza. Ti cerco per le strade che brucio al mio passaggio, ti cerco nelle solitudini che mi sfiorano, ti cerco nell'inferno disperato che vedo attorno a me. Sei il numero che manca alla mia rubrica, il volto di cui ho bisogno ancor prima di vederlo, sei quel cancro che vorrei contrarre per sopravvivere alla sterilità del mio presente. Ma non ti trovo.
Questa città sembra illuminata da un sole al neon, da ospedale, malato e crudo come un tramonto senza nuvole, come un cortile senza le grida dei bambini, come una domenica di pioggia in cui l'umido delle strade intacca la presenza della vita. Morrissey canta che ogni giorno è come se fosse domenica. Voglio incontrarti per iniziare la mia settimana, giorni feriali uno dopo l'altro, pur sapendo che prima o poi anche la settimana finirà, e non mi importa sapere di quanti giorni sarà fatta, purché tu possa arrivare a dirmi che la mezzanotte è passata, che prendendomi la mano mi dica che sei qui, al mio fianco, a combattere con il furore di un cavaliere errante contro il marcio che ci atterrisce.
Fatti avanti con il tuo passo esile e incrocia il mio cammino. Sarò pronto al tuo cenno a scatenare l'inferno per poi fuggire con te in un angolo remoto del paradiso. Ho baci da dare, carezze da fare, sorrisi da regalare e chiacchiere chiacchiere chiacchiere con cui riempire il tedio che ci assedierà. Ma non ho bocca da baciare, petto da carezzare, e occhi che possano vedere il mio sorriso.
Che smettano i raid sul mio cuore, che arrivi quel po' di pace che sarà l'amarti. Tu che con la tua sola presenza sarai l'appiglio su cui potrò fare affidamento per non scivolare oltre.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Le cose che scrivi, le avrei potute scrivere io se solo il viverle non mi avesse soffocato ogni energia vitale.... io ti ho trovato, e sogno finalmente di nuovo dopo tanto di incontrare qualcuno come me.

Anonimo ha detto...

bravo, bel pezzo.

Unknown ha detto...

Non credo che le illusioni siano trappole, forse sono solo speranze o desideri che vorremmo vedere avverati.
Quello che hai scritto e', secondo me', una bellissima lettera d'amore, un desiderio che vorresti vedere avverato, non una illusione inventata.