15 dicembre 2010

il topo



Gli ultimi due mesi, se non fosse per l'intensificarsi del freddo, mi sembrano essere stati un giorno solo. Un giorno che si ripete in continuazione come un brutto sogno dal quale si cerca disperatamente di uscirne, svegliandosi. Mi sembrava d'essere il protagonista del film Ricomincio da capo con Bill Murray (rifatto uguale da Albanese nel film È già ieri). Ogni mattina la stessa sensazione di chi si sente perso in un labirinto, di chi con coraggio e ostinazione e ferocia decide di uscire dal letto per dare un'altra possibilità a questo mondo infame, un mondo in cui non trovo posto.
L'unica cosa che mi tiene attaccato alla realtà, la mia realtà, sono le letture che fagocito voracemente. In quei libri vedo ciò che sono il mio mondo, mi sento sicuro, tranquillo, compreso. Il mondo che si trova fuori dalla porta di casa invece non lo capisco più. Quello che prima era per me il più grande parco giochi che avessi mai visto ha iniziato a trasformarsi in un parco degli orrori. Prima era indifferenza, poi diffidenza, ora mi ci trovo immerso dentro come una prigione. Diana diceva di sentirsi come un topo dentro una scatola di cartone, la cui esistenza è perennemente tormentata dal grosso dito di un umano che con curiosità stuzzica il topo senza scampo. Credo la sua metafora renda l'idea benissimo da non dovermi costringere a cercare altre parole. Il mondo mi assedia fuori da queste mura, mi insulta, mi demoralizza, e man mano che i miei occhi si fanno più precisi definisco sfumature dai caratteri raccapriccianti.
Tra poco dovrò uscire, la città si prepara al fottuto natale, con le luci, i mercatini, i manifesti colorati per la città che urlano come un gruppo di studenti ubriachi: sei quello che hai. E tutti, ripeto, tutti, sono così fottutamente tranquilli.

1 commento:

rosesandcherubim ha detto...

oltre che tranquilli, a me sembrano sereni, alcuni addirittura felici. e istintivamente mi verrebbe quasi di odiarli, perché io non ci riesco.
a natale, poi, vengo invasa da un'angoscia e una tristezza che ovviamente non posso condividere, tra lucine, regali e la parte peggiore: gli auguri di buon anno nuovo.