8 dicembre 2010

Eravamo 4 amici al bar.

Continua a piovere da un fottuto mese. Piove fuori e dentro, e i rumori ovattati senza cielo mi fanno sentire dentro una scatola di cartone. Non posso sapere cosa ci sia al di fuori, ma certo è che qui dentro siamo in troppi.
Si è stabilito che la cena verrà fatta in taverna da me. O meglio non si è deciso proprio un cazzo. Ieri mattina mi sono venuti a comunicare che avremmo cenato da me. Punto. Tu accendi il fuoco che noi portiamo da mangiare. Dai che ci vuole una bella rimpatriata. Se lo dite voi. L'assenza della mia ombra, che sotto questo cielo plumbeo ha colto l'occasione per darsela a gambe levate, fa si che il mio assecondare gli eventi sia più fluido. Nulla oppone resistenza. Accetto per disperazione tutto ciò che arriva, perchè il rifiuto non mi ha portato da nessuna parte.
Poi d'improvviso mi ridesto dentro ad una situazione e ciò che prima accadeva, ora gratta sulle pareti della mia anima, che silenziosa geme di dolore.
Eravamo 4 amici, compagni d'avventure, sventure. Abbiamo condiviso letti, pasti, donne, viaggi, noia, euforia, droga, alcool, liti, crisi, e chi più ne ha più ne metta. Ma eravamo solo un branco.
Il vino mi ha confuso ancor più la mente, mentre si parlava. Il fuoco scoppiava nel camino. Ognuno aveva qualcosa da dire, da raccontare. Io stesso credo d'aver intrattenuto conversazioni spicce. Di queste, in nessuna ho mai partecipato presenziando con la mia anima. Erano solo suoni, parole vuote messe li nell'aria per riempire quel vuoto e quella solitudine che io vedevo così chiaramente tra noi, mentre tutti gli altri fingevano divertirsi.
Eravamo 4 amici, ora eravamo 4 estranei che il tempo ha plasmato in modi differenti. Sento così teso il filo che ci lega nel passato che più volte sono stato sul punto di far esplodere il presente.
"Ti ricordi quella volta che.."
Si che me la ricordo, me la ricordo perchè c'ero, me la ricordo perchè ogni volta che ci si rivede torna fuori. Me la ricordo perchè è una fetta della mia vita che è passata, e che mai più tornerà. Le voci continuavano a volteggiare nell'aria, e io in mezzo sapevo ora incastrarci solo del fumo. La mia bocca annuiva senza intendere, il mio essere in apnea, sognando d'essere altrove. Che importa sapere dove si vorrebbe essere (non che non sia un vantaggio avere una meta), ma qui l'importante è ancora saper sognare, perchè senza i sogni siamo solo un comodino, o una sedia.
Guardavo negli occhi i miei amici, e più volte, davvero, sono stato sul punto di sbottare. Volevo supplicarli, implorarli che smettessero con la farsa, con il teatrino. Avrei solo voluto che smettessero di dire cazzate, che ci guardassimo negli occhi, senza dire nulla. A volte è più intenso un silenzio di mille discorsi. In fondo cosa vuoi che abbiano da dirsi 4 amici quando non hanno più nulla da creare, ma solo un passato da rievocare.

1 commento:

Anonimo ha detto...

blocco brillantemente superato, direi.