Continuano le lezione di sto cazzo di corso di scrittura creativa. Dopo aver saltato 2 lezioni dando il tempo al vecchio insegnante di levarsi dai piedi con il suo sorriso da scrittore di libri noir, ho accolto l'arrivo della nuova docente con entusiasmo. Nonostante abbia detto a tutti e 20 noi scrittori promessi che abbiamo talento, dimostrando così di mentire spudoratamente, o cosa peggio di non aver assolutamente senso critico, ho voluto darle una possibilità. Io, personalmente, avrei sparato in fronte a 5/10 persone sul momento per l'insulto delle loro banalità, e tranne 2 o 3 (e sono buono) gli altri li avrei passati al corso di stenografia della sala affianco. Non capisco perchè certe casalinghe annoiate decidano di partecipare a questo genere di corsi. In realtà non capisco nemmeno come a una persona come me possa venire in mente di frequentare questi corsi. Comunque sia, salvandosi in corner, l'insegnante ha dato un compito per casa. Scrivere un racconto breve seguendo il motto "show, don't tell" che sa tanto da vecchia scuola di scrittura creativa all'americana. Wow. Tutti presenteranno la loro storiella in cui la ragazza sbarca da una Porche Ceyenne sposando il tronista di turno andando in luna di miele da Briatore con il Berlusca che canta romanze napoletane con la bandana in testa. Io ho scritto questo. Che faccia faranno alla lettura del mio primo pezzo? Dico solo una cosa. Leggerò per ultimo. A voi:
Il telegiornale sputava parole dall'alto della sala gremita. Nessuno nel bar prestava davvero attenzione a ciò che accadeva altrove. Il barista stentava a stare dietro alle ordinazioni che arrivavano da più lati del bancone, e come un domatore si faceva largo tre braccia alzate che sventolando banconote sonanti pretendevano d'essere servite. Defilata in un angolo una coppia ignorava tutto e tutti baciandosi come se fosse proibito. Le mia seconda birra ormai stava terminando e non capivo se ciò che mi preoccupasse di più era la coda per ottenerne un'altra, o il fatto che Giulia non fosse ancora arrivata.
Il notiziario aveva lasciato il posto ad un varietà di basso livello, uno di quelli in cui la gente partecipa solo per urlare, per dimostrare che esiste. La porta aveva un gran lavoro nel far entrare e uscire gente, ma di Giulia nemmeno l'ombra.
Il notiziario aveva lasciato il posto ad un varietà di basso livello, uno di quelli in cui la gente partecipa solo per urlare, per dimostrare che esiste. La porta aveva un gran lavoro nel far entrare e uscire gente, ma di Giulia nemmeno l'ombra.
Seduto dietro di me un gruppo di liceali faceva a gara a chi la raccontava più grossa, e tra il fragore di grosse risate si davano tutti il turno più inventando che ricordando. Uno di questi mimava nell'aria le forme di qualcuna che probabilmente non ha nemmeno mai visto. Il racconto sembrava interessare più le due ragazze sedute di fronte a me di quanto potesse interessare a chi di storie come quelle ne ha inventate già troppe. Ho preso il vuoto del mio bicchiere e mi sono avvicinato al bancone, defilato, senza mai perdere di vista la porta d'ingresso. Quelli che aspettano nel modo in cui aspettavo io vengono sempre serviti prima, perché sono sempre quelli che continuano ad essere serviti anche dopo che la ressa se n'è andata dal bar.
“Scusa avresti mica una sigaretta da offrirmi?” mi chiede una voce femminile interrompendo i miei pensieri. Il tono di voce non mi è conosciuto e con rammarico mi volto. Un viso dolce mi osserva in attesa. Sorrido di rimando e senza dire nulla le porgo il pacchetto aperto di Lucky Strike, le sigarette di Giulia. La ragazza esce soddisfatta a fumare sotto il pergolato.
“Scusa avresti mica una sigaretta da offrirmi?” mi chiede una voce femminile interrompendo i miei pensieri. Il tono di voce non mi è conosciuto e con rammarico mi volto. Un viso dolce mi osserva in attesa. Sorrido di rimando e senza dire nulla le porgo il pacchetto aperto di Lucky Strike, le sigarette di Giulia. La ragazza esce soddisfatta a fumare sotto il pergolato.
Nel pacchetto mi restano 3 Lucky e mi convinco che fumandole tutte di fila avrei raggiungo il limite di sopportazione massimo, dopodiché potevo anche andarmene. Pago la birra. Il resto normalmente è solo di carta quando te ne servono due. A me hanno dato gli spiccioli.
Erano due settimane che Giulia era sparita nel nulla, e non capivo se ci fosse stato un equivoco nell'appuntamento. Continuavo a ripetermi nella testa che avevamo stabilito per le otto di sera, nel nostro solito bar. Forse non era giusto il giorno, mi dicevo. Ma anche quell'ipotesi era da scartare. Mi infilo in bocca la prima delle tre sigarette che mi restavano nel pacchetto, e prendo la via dell'uscita.
“Si fuma solo fuori” mi urla il barista che sembra perso nel caos, ma in realtà ha occhi anche dietro la testa.
“Sto uscendo, che ti credi” rispondo in tono secco.
Arrivato sotto il portico mi siedo ad uno dei tavoli liberi. In realtà ce n'erano un sacco con il freddo che faceva. Cerco nervosamente l'accendino in tasca senza speranza.
“Vuoi accendere?” mi chiede la stessa ragazza che prima m'aveva chiesto una sigaretta.
“Grazie” riesco a pronunciare mentre penso che se non le avessi dato quella sigaretta probabilmente Giulia avrebbe avuto qualche minuto in più per arrivare. Ma non ce n'era bisogno in realtà, appena mi rigiro mi ritrovo gli occhi di Giulia piantati addosso. Si era tagliata i capelli, e mentre la osservavo dalla distanza di due settimane mi stupivo nuovamente di quanto fosse ammaliante. Portava un paio di minigonne appena comprate, e lo sapevo perché quando usciva con me non le servivano.
“Ti prendo una birra?” chiedo quasi sottovoce.
“Sempre il solito, con le minorenni ti metti a parlare. Comunque niente birra. Ho solo due minuti, giusto il tempo di una sigaretta” dice duramente mentre estrae un pacchetto di Marlboro rosse.
Deglutisco un po' di saliva. Poi mi pulisco la bocca con un sorso di birra, senza voler rompere il silenzio per primo. La gamba iniziava a tremare nervosamente.
“Non c'è bisogno che tu dica nulla” le dico per metterla a suo agio.
“E mi hai fatto venire fin qui con sto freddo per non dirmi nulla?”
“Volevo solo vederti un'ultima volta” le ho risposto freddo.
P.S. Per onestà intellettuale devo dire che l'idea dello scambio delle sigarette non è mia, ma siamo democratici quando ci fa comodo. no?
1 commento:
caro nocturno, il tuo blog è stato il primo che io abbia mai letto e sono veramente compiaciuta del mio istinto ... ho letto tutti i tuoi post, non potevo farne a meno, il tuo modo di scrivere e i contenuti dei tuoi pensieri mi attraevano inesorabilmente! ... mi sono rispecchiata nel tuo realismo così marcato dall' insoddisfazione dell' essere, nel tuo profondo sentimento di solitudine, e in altri tuoi modi di vedere le cose ... è strano, ma questa sera leggendo le tue righe mi sono sentita meno sola e meno incompresa ... darkness_deep
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